NOMENKLATURA
Pensando all’arte del recente passato mi ha colpito la profusione di nomi:
una totale sproporzione tra la quantità di termini inventati per indicare
i movimenti artistici della nostra epoca e quanto avveniva nel passato.
Il gotico andava bene per tutti e durava un tot di secoli, adesso basta
che tre salami decidano di fare una mostra di quadri blu dopo aver dipinto
di blu le pareti, il pavimento, il soffitto della galleria e il gallerista,
perché subito un critico li battezzi post-yveskleiniani (mentre il suo acerrimo
avversario li chiamerà transmodugnani accezione oh-oh!).
Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta un miliardo di movimenti affollano
il panorama dell’arte, alcuni sono celeberrimi, altri sembrano usciti dalla
mente contorta di un trovanomi da diporto, tipo la Post-Painterly Abstraction.
Non dico questo con intento polemico, anzi ne sono entusiasta; mi piacciono
e mi divertono i nomi e le terminologie specifiche, è sorprendente vedere
fino a che punto può giungere la fantasia dei critici.
Ma tutto questo ben di Dio, anzi Ben Vautier, mi ha illuminato come il neon
di Kosuth… a proposito di Kosuth, voi lo sapevate che oltre a “One and three
chairs” ha fatto anche “One and three pans”?
A me francamente sembra ripetitivo, per manifestare il mio disappunto domani
produrrò la mia prima opera concettuale.
Si intitolerà: “Neon Electrical Light Italian Glass Very Short Letter To
Mr.Kosuth”, formata da lettere al neon che dicono
HO CAPITO!!!
E ho capito anche un’altra cosa che nella sua evidenza è sfuggita all’intellighenzia
dell’arte: il successo e il valore di un movimento artistico non dipendono
dalle capacità dei suoi componenti o dalla validità della teoria, ma dalla
capacità espressiva del suo nome.
Lo so che suona un po’ cabalistico ma ho la vaga impressione che sulla corrispondenza
tra parola e realtà abbiano ragione…
Prendete ad esempio l’Action Painting. Bene, prima si chiamava Espressionismo
Astratto. E che schifezza è? Non significa nulla, sembra un pasticcio senza
forma composto da colature di vernice su una tela stesa per terra.
Invece Action Painting è strafigo, se ci fosse adesso butterei a mare i
pennelli di martora (tanto le martore sanno nuotare benissimo) e mi metterei
a drippingare solo per poter dire: sono un’action painter anch’io!
Guardate ora l’Arte Concettuale… cioè non guardatela che fa malissimo, pare
sia pure contagiosa. A me il concettuale non dice nulla però il nome è galattico:
Arte Concettuale. Sta bene scritto con le maiuscole, ha una bella grafica
ed è molto cerebrale, pensate che squallore se l’avessero chiamata Arte
Pensante
o Arte Intelligente. Infatti il concettuale ha avuto un successo clamoroso,
era inevitabile con un nome così.
Arte Povera invece è proprio orribile, sembra uscita da Canzonissima quando
ero giovane e i Ricchi e Poveri erano trendy. E’ banale e per questo non
ha avuto successo (lo so benissimo che non è vero, ma il manuale lo sto
scrivendo io e sostengo quello che mi pare, d’altronde così fan tutti).
Comunque per la legge del contrappasso (famoso comma ghibellino del codice
stradale utilizzato nella Firenze trecentesca) quando si dice “arte povera”
la gente pensa a mobili orripilanti in stile pseudo-country. Non so perché
li chiamano così ma ben gli sta! Anzi Ben Vautier!
Sulla Process Art non mi pronuncio se non in presenza del mio avvocato.
La Body Art a mio avviso ricorda troppo il Body Shop. Tutte le volte che
entro mi aspetto di vedere Vito Acconci che morde saponette e Gina Pane
coi suoi fasci di rose bianche.
Per la Land Art (come presto ben saprete) ho un debole, e comunque non si
può negare che abbia un bel nome da Far West, evoca praterie sconfinate
dove si vede il Land-artista che si allontana sulla sua Land Rover nel Land-tramonto.
A confronto l’Arte Ambientale fa tenerezza, sembra un’arte da cucinotto
che usa i profumi per ambiente.
Mi pare che abbiano poco impatto anche i gruppi col nome formato da lettere
o numeri: gruppo Zero, gruppo Enne, gruppo T, BMPT. Si tende ad avere un’idea
un po’ sintetica e letterale del movimento, richiama alla mente una partita
a scarabeo.
L’Arte Minimale è.
Insomma si potrebbe continuare per un pezzo e prendere in esame non solo
i movimenti recenti, ma anche l’arte del passato.
Ad esempio il Rinascimento avrebbe avuto successo anche se al posto di Raffaello
ci fossero stati i Carracci.
Rinascimento… è perfetto, aristocratico e pieno di speranza, evoca colori
vivi e luce dorata. E’ una bella parola anche in francese, Renaissance.
A proposito, apro un paragrafo che non c’entra nulla ma mi piace complicare
i capitoli.
Primo Paragrafo
Mathieu chi?
Avete
presente Mathieu? Io non è che ci penso continuamente, so chi è ma non lo
tengo proprio in vista sugli scaffali della memoria, così tutte le (rare)
volte che lo sento nominare mi tocca spostare Ingres, Monet, Manet, Courbet,
Tapies, Fautrier, Calder e pure Dubuffet, ripescare Mathieu e dare una bella
spolverata a lui e alla sua abstraction lyrique.
Non che sia tutta colpa sua poveretto, in fondo faccio confusione con un
sacco di cose, ad esempio non ho ancora capito la differenza tra Monet e
Manet, Manet è la bionda o la mora?
Dicevo che Mathieu per me è uno che lascia il tempo che trova, se non altro
è una persona onesta, non è uno che prende tempo e non lo restituisce. So
che una volta ha perso tempo ed ha passato tre giorni alla ricerca del tempo
perduto.
Nel frattempo dipingeva spremendo direttamente il colore dal tubetto a partire
dal 1945, ma la cosa che ho trovato più notevole in lui è una sua considerazione
sull’arte:
“Kandinsky et Mondrian n’ont fait, au fond, que traduire dans la non-figuration,
l’esthetique de la Renaissance…”
Traduzione:
“Kandinsky e Mondrian, in fondo, non hanno fatto altro che tradurre nella
non figurazione l’estetica del Rinascimento…”
Ma come? E gli sembra poco? In realtà è quell’ au fond che mi fa morire,
così francese!
Comunque Mathieu è un grande, non tanto per la sua pittura quanto per la
sua faccia tosta (anzi crocque-monsieur). Tratta Mondrian e Kandinsky con
una condiscendenza assolutamente adorabile, una beata incoscienza.
Un grazie a Mathieu che mi ha regalato un sorriso, ciò non toglie che Mathieu
non sia né Mondrian né Kandinsky. In arte questi errori di valutazione sono
costanti, spesso gli artisti li fanno consapevolmente al solo scopo di non
sentirsi annientati dalla grandezza di chi li ha preceduti.
George sei perdonato e baci, au fond.
Fine del primo paragrafo
Continua
D’altronde questa dell’importanza dei nomi non è mica una mia idea. Che
il nome e la terminologia specifica sanciscano il successo di un movimento
è un dato di fatto e ne abbiamo un esempio eclatante proprio sotto gli occhi:
la chiesa cattolica.
Usano parole straordinariamente belle: ecclesiastico, ecumenico, concilio,
sacerdozio, crisma, dogma, anatema, scomunica, bolla pontificia, eretico…
Come pensare che chi ha escogitato un vocabolario così affascinante non
avrebbe avuto successo? Voglio dire, è da un sacco di secoli che prosperano
nonostante tutto. Ma che eleganza lessicale, Santa Inquisizione… chi non
sarebbe lieto di farsi infilzare e arroventare dall’inquisitore, magari
passando dal braccio secolare?
Per me gli gnostici avevano ancora più classe: dottrina emanazionistica,
ipostasi, sizigie, Eoni, Arconte, pleroma, Achamoth, Echmoth, Demiurgo.
Perfino le sette gnostiche avevano bei nomi: Naasseni, Mandei, Carpocraziani.
Ecco perché i Padri della Chiesa hanno accuratamente provveduto ad utilizzare
i testi gnostici per accendersi la pipa. Hanno fatto un lavoro accurato:
prima della scoperta della biblioteca gnostica nel 1945 c’erano rimasti
credo tre foglietti del notes di Filippo e mezza fotocopia della lista della
spesa di Tommaso.
Ma anche se non le approviamo, bisogna pur capire le motivazioni che hanno
spinto i Padri a cancellare i testi gnostici dalla faccia della terra: non
gliene fregava un tubo del demiurgo cattivo che sarebbe Jahve, erano solo
invidiosi!